Comitato scientifico della presente newsletter: Avv. Daniele Marra, Avv. Giovanni Norighi e Cristina Bellon
DIRITTO TRIBUTARIO – IL POTERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE DI BLOCCARE LA CESSIONE DEL BONUS PER ELUSIONE E LA COMPETENZA DEL GIUDICE TRIBUTARIO (Corte di giustizia tributaria di primo grado di Trieste – Sentenza 11/04/2023 n. 81).
La premessa: Può accadere che nel corso delle verifiche che compie l’Agenzia delle Entrate nei confronti delle pratiche di cessione del credito inoltrate dal Condominio venga sospesa la procedura autorizzativa, anche con l’uso di algoritmo come prevede l’art. 1 della Legge 234/2021 che ha modificato l’art. 122bis del DL 34/2020, accertando l’inesistenza giuridica del Condominio. Nella controversia presa in esame dalla Corte triestina l’Ufficio riteneva plausibile il fatto che la società incaricata dei lavori anziché acquisire direttamente l’immobile, procedere alla sua ristrutturazione e risanamento conservativo per la successiva rivendita (circostanza che non avrebbe consentito la fruizione del c.d. superbonus giusto il disposto del comma 9 dell’art. 119 del DL n. 34/2020), avesse ideato le operazioni descritte per poter fruire dell’agevolazione senza diritto, cedendo i contratti preliminari, facendo contestualmente acquistare le 9 unità immobiliari a tre propri congiunti e creando, quindi, i presupposti del condominio seppur esso non esistesse. L’atto costituito dal “blocco della cessione” è impugnabile di fronte al Giudice Tributario? Se così fosse il ricorrente dovrà rispettare il termine decadenziale di cui all’art. 21, D. Lgs. n° 546/92 per proporre il ricorso.
La massima “la Corte ritiene la propria giurisdizione poiché, sebbene il provvedimento impugnato non sia elencato tra quelli indicati dall’art. 19 del D.Lgs. 546/92, ciò nonostante la possibilità di cessione del credito – impedito dal provvedimento dell’Amministrazione finanziaria – si pone come una delle possibilità attraverso le quali il contribuente può beneficiare dello sconto fiscale previsto dalla norma agevolatrice e, pertanto, costituisce, sicuramente, un elemento della struttura tributaria del beneficio fiscale. L’evoluzione della giustizia tributaria è stata segnata, a partire dal riconoscimento delle Commissioni tributarie quali organi sicuramente giurisdizionali, da due snodi di fondo: il primo costituito dal progressivo adeguamento del processo tributario al processo civile; il secondo, nel continuo ampliamento della cognizione della giurisdizione tributaria, la quale, per costante giurisprudenza della S.C., almeno fin dal 2000, deve essere sempre riconosciuta, in presenza di una controversia che riguardi uno specifico rapporto tributario. Il giudice tributario, quindi, secondo la Cassazione, ha competenza esclusiva e generale, non circoscritta ad alcuni aspetti, per tributi e tasse di ogni tipo, e tale competenza è indipendente dalla denominazione del tributo o dal contenuto della domanda presentata dai ricorrenti”.
Il (duplice) principio: Nonostante il diritto alla cessione del credito assurga ad una obbligazione la cui fonte si rinviene anzitutto nel Codice Civile e, precisamente, agli artt. 1260 – 1267, la competenza giudiziale al suo esame e accertamento non è esclusiva del Giudice Ordinario. Ove la cessione sia un “elemento” della obbligazione tributaria l’intero rapporto tra le
parti diviene un rapporto tributario scrutinabile dall’omonimo Giudice, e non dal Giudice Ordinario, e nei termini di legge per la proposizione del ricorso. Il ricorso deve essere proposto, a pena di inammissibilità, entro sessanta giorni dalla data di notifica dell’atto impugnato (art. 21, D. Lgs. n° 546/92); oppure, ed in caso di rifiuto tacito alla restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie ed interessi o altri accessori non dovuti, il ricorso può essere proposto decorsi novanta giorni dalla domanda di restituzione, presentata entro i termini previsti da ciascuna legge d’imposta e fino ad intervenuta prescrizione.
Inoltre la norma che prevede il beneficio della cessione del credito deve essere interpretata in senso rigoroso per ciò che riguarda la nozione del beneficiario, ovvero del Condominio; è di “solare evidenza” il fatto che il legislatore abbia concesso il beneficio fiscale in questione ai Condomìni, sul presupposto della loro reale esistenza e sulla scorta del fatto che al momento dell’accesso al beneficio fossero esistenti parti comuni, impianti comuni e che esse fossero utilizzate almeno da una parte dei condomini.
DIRITTO CIVILE – L’ASSENZA DEL FONDO SPECIALE PER L’APPALTO, LA CONSEGUENTE NULLITA’ DELLA DELIBERA E LA SORTE DEL CONTRATTO E CREDITI DA BONUS EX DL 34/2020 (Cass. civ. 5/4/2023 n. 9388).
La premessa: Può accadere che nell’esecuzione dei lavori di “ricostruzione di edificio” un condomino impugni il decreto ingiuntivo notificatogli dal Condominio per il pagamento pro quota delle spese di cui alla delibera assembleare che affidava l’appalto ad un operatore economico privato, fruendo le parti comuni dei benefici del Decreto Rilancio. In caso di annullamento della stessa per la mancata costituzione del fondo speciale ex L. n. 220 del 2012 (poi dal D.L. n. 145 del 2013, convertito nella L. n. 9 del 2014), quale è l’esito dei crediti discendenti dal contratto d’appalto?
La massima: “L’art. 1135, comma 1, n. 4 c.c., imponendo l’allestimento anticipato del fondo speciale “di importo pari all’ammontare dei lavori”, ovvero la costituzione progressiva del medesimo fondo per i pagamenti man mano dovuti, “in base a un contratto”, correlati alla contabilizzazione dell’avanzamento dei lavori, configura, pertanto, una ulteriore condizione di validità della delibera di approvazione delle opere indicate, la cui sussistenza deve essere verificata dal giudice in sede di impugnazione ex art. 1137 c.c.. Una deliberazione maggioritaria dell’assemblea non può, pertanto, avere un contenuto contrario all’art. 1135, comma 1, n. 4, c.c., decidendo di soprassedere dall’allestimento del fondo stesso, o di modificarne le modalità di costituzione stabilite dalla legge, pur ove abbia ricevuto il consenso dell’appaltatore, in quanto potenzialmente pregiudizievole per ciascuno dei partecipanti, oltre che per le esigenze di gestione condominiale, e perciò nulla”.
Il (duplice) principio: Sulla base di una giurisprudenza recente ma ampiamente condivisa (cfr. Cass. Sez. Unite, 14/04/2021, n. 9839), nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice può sindacare sia la nullità dedotta dalla parte o rilevata d’ufficio della deliberazione assembleare posta a fondamento dell’ingiunzione, sia l’annullabilità di tale deliberazione, a condizione che quest’ultima sia dedotta mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell’atto di citazione.
Il potere di scrutinio ex actis non permette di equiparare la delibera che non ha previsto il fondo speciale alla delibera che affida ad un’impresa la realizzazione dei lavori che saranno compiuti (senza alcuna spesa) a carico del condominio ex DL 34/2020. Non sono equiparabili le obbligazioni che discendono dai diversi contratti di appalto a confronto (non discendenti o discendenti dal DL Rilancio). L’articolo 12 delle preleggi al C.C., difatti, oltre a stabilire che un norma deve essere interpretata secondo la regola letterale (“non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole”), pone sullo stesso piano con la congiunzione “e” la regola legis secondo cui una norma sia interpretata secondo “l’intenzione del legislatore”.
La parità dei metodi di interpretazione (letterale e della volutas legis), impone che non siano parificabili gli appalti compiuti prima del DL Rilancio e dopo il medesimo DL e che prevedono la sua applicazione. Viceversa si assisterebbe ad una interpretazione abrogante dell’art. 1135 c.c. rispetto al DL 34/2020 ove il primo fosse interpretato solo letteralmente. Parimenti è raccomandabile un’interpretazione convenzionalmente e costituzionalmente orientata dell’art. 1135 c.c. che non pregiudichi la libertà di iniziativa economica dell’impresa (che, viceversa, in caso di nullità della delibera avrebbe agito senza autorizzazione del Condominio e con evidente nocumento del proprio credito ed ingiusto arricchimento del Condominio ai danni dell’impresa). Ciò perché la “coerenza dell’ordinamento e del sistema, nonché di certezza del diritto e di rispetto dei criteri d’interpretazione della legge” (come ricorda Cassazione a Sezioni Unite n. 38596 del 6.12.2021): impongono di non estendere la nullità ex lege della delibera ex art. 1135 c.c. alla differente delibera ex DL 34/2020 visto che, in questo secondo caso, il pagamento dell’appalto è differentemente disciplinato, non potendosi equiparare la cessione di un credito fiscale al pagamento di somme la cui garanzia è imposta ex art. 1135 c.c..
DIRETTIVA CASE GREEN – L’Energy Performance of Building Directive approvato dal Parlamento europeo prevede una serie di obblighi per riqualificare, dal punto di vista energetico, il 15% degli immobili più inefficienti (di Cristina Bellon “Green and Blue, La Repubblica, 15 marzo 2023).
Al via le case green europee. “Energy Performance of Building Directive” è la direttiva approvata dal Parlamento Europeo il 14 marzo 2023 prevede una serie di obblighi per riqualificare, dal punto di vista energetico, il 15% degli immobili più inefficienti. Un progetto ambizioso che ci accompagnerà fino al 2050. Dopo il voto, la direttiva proseguirà il suo cammino nel negoziato finale previsto a giugno con gli Stati membri per concordare il testo definitivo.
Tipi di immobili e scadenze: – Gli edifici residenziali in classe G dovranno raggiungere la classe di prestazione energetica E entro il 2030 e D entro il 2033; – Gli edifici non residenziali e pubblici dovranno raggiungere la classe E e D rispettivamente entro il 2027 e 2030.
Gli ZEB (zero emission building).
Dal 2028, tutti i nuovi edifici saranno a emissioni zero e dovranno disporre di impianti fotovoltaici.
Dal 2026, invece, quelli occupati, gestiti o di proprietà di enti pubblici.
(per l’articolo completo: Come diventerà green la nostra casa: la direttiva Ue per l’efficienza energetica – la Repubblica)
DIRITTO UE / CEDU – ILLEGITTIMA INTERFERENZA DEL LEGISLATORE NEL GIUDIZIO E LESIONE DEL DIRITTO DI CREDITO AZIONATO (Corte Europea dei diritti dell’Uomo Agrati e altri c. ITALIA – Ricorsi n. 43549/08, 6107/09 e 5087/09 – SENTENZA del 7 giugno 2011)
La premessa: Può accadere che lo Stato intervenga legiferando in una materia che è già disciplinata da una norma nazionale e che tale norma conferisca diritti oggetto di un processo. Cosa accade ai titolari del diritto azionato in giudizio ove il Legislatore promulghi una legge con effetto retroattivo, così da incidere sul (legittimo) diritto o credito azionato in causa? C’è una responsabilità del Legislatore Italiano in quanto violativa dei diritti previsti nella CEDU (Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo) nonostante la libertà dei fini del potere politico?
La massima: “Benché non sia precluso al legislatore di disciplinare, mediante nuove disposizioni retroattive, diritti derivanti da leggi in vigore, il principio di certezza del diritto e la nozione di processo equo contenuti nell’articolo 6 impediscono, tranne che per impellenti motivi di interesse generale, ogni ingerenza del potere legislativo nell’amministrazione della giustizia al fine di influire sulla conclusione giudiziaria di una lite. Nel caso di specie, lo Stato italiano ha violato l’art. 6 par. 1 CEDU, essendo esso intervenuto con una norma ad hoc al fine di assicurarsi un esito favorevole nei giudizi di cui era parte […] In secondo luogo, i ricorrenti beneficiavano, prima dell’intervento della legge finanziaria 2006, di un interesse patrimoniale che costituiva, se non un credito nei confronti della parte avversa, per lo meno una «legittima aspettativa» di potere ottenere il pagamento delle somme controverse”.
Il (duplice) principio: La decisione è utile a comprendere sia il tema della “parità delle armi” che del concetto di “proprietà” tutelabile presso la CEDU (corte Europea dei Diritti dell’Uomo).
L’esigenza della parità delle armi comporta l’obbligo di offrire ad ogni parte una ragionevole possibilità di presentare il suo caso, in condizioni che non comportino un sostanziale svantaggio rispetto alla controparte (così Dombo Beheer BV c. Paesi Bassi, dal 27 ottobre, 1993 e Raffinerie greche Stran e Stratis Andreadis). Ciò ha portato la Corte dei Diritti dell’Uomo a certificare la lesione, in primo luogo, dell’art. 6 della Convenzione e, in secondo luogo, del connesso art. 1 prot. 1 in tema di tutela della proprietà.
Una nozione di proprietà che è da equipararsi al concetto di credito, di aspettativa economica e di beneficio fiscale. Nella sentenza, ribadita la lesione al diritto ad un equo processo, in tema di diritto di proprietà così si afferma: “ Secondo la giurisprudenza, un ricorrente può addurre la violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 solo nella misura in cui le decisioni che contesta sono relative alla sua “proprietà” ai sensi della presente disposizione.
La nozione di “proprietà” può concernere sia i “beni esistenti” che i valori patrimoniali, ivi compresi, in determinati casi ben definiti, i crediti.”
DIRITTO CIVILE – LA NECESSITA’ DI MONTARE I PONTEGGI NEL FONDO ALTRUI OVE SIA IN PERICOLO IL SUPERBONUS 110% (Tribunale di Firenze, Sez. II – Ordinanza 19 settembre 2022).
La premessa: Può accadere che nel corso della realizzazione dei lavori coperti dai vantaggi fiscali previsti dal Bonus 110% sorga la necessità di montare i ponteggi sul fondo altrui per completare i lavori nei termini di legge per usufruire delle agevolazioni fiscali e che il proprietario del fondo altrui si opponga alla loro installazione o ne chieda la rimozione. In che termini opera il disposto dell’art. 843 c.c.1? Quale interesse prevale? Nello specifico, il Tribunale adito con ricorso ex art. 700 c.p.c. ha ritenuto sussistenti sia il fumus bonis iuris che il periculum in mora, ravvisando la necessità di consentire l’installazione dei ponteggi sul fondo altrui per evitare al Condominio ricorrente il danno irreparabile della perdita dei benefici fiscali.
La pronuncia: il Tribunale fiorentino, adito con ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c., dopo la valutazione dei documenti allegati dalle parti, ovverosia la delibera assembleare di autorizzazione ai lavori di manutenzione straordinaria e il contratto di appalto sottoscritto dal condominio stesso con la ditta appaltatrice, riteneva il ricorso del condominio fondato e accoglieva le sue richieste affermando che “nel caso in esame sussistono i presupposti richiesti dall’art 700 c.p.c. per l’accoglimento del ricorso: il fumus boni iuris, ossia la verosimile esistenza del diritto vantato, il periculum in mora, ossia il pregiudizio imminente e irreparabile conseguente al trascorrere del tempo occorrente a far valere il diritto in via ordinaria, e l’inesistenza di un altro provvedimento cautelare tipico utilizzabile per tutelare la situazione giuridica soggettiva vantata.”
Nello specifico, il Tribunale ravvisava il requisito del fumus nel dettato dell’art. 843 c.c., laddove prevede l’obbligo del proprietario del fondo di permettere l’accesso e il passaggio nel suo fondo, qualora ciò sia necessario al fine di costruire o riparare un muro o altra opera propria del vicino oppure comune, e nel dettato degli artt. 1136 e 1137 c.c., laddove viene stabilita l’obbligatorietà, per tutti i condomini, delle delibere assembleari approvate a maggioranza degli intervenuti e non impugnate dallo stesso condomino (convenuto).
Del pari, il Tribunale ravvisava il periculum nella necessità di concludere i lavori coperti dal bonus fiscale entro i termini perentori per poter beneficiare delle agevolazioni.
Pertanto, concludeva ordinando al condomino convenuto di consentire l’installazione dei ponteggi sulla propria proprietà nei modi e nei tempi necessari ad eseguire i lavori previsti.
Il (duplice) principio: Il Tribunale ha ritenuto sussistente in capo al Condominio ricorrente il fumus boni iuris per l’accesso al fondo del convenuto, ex art. 843 c.c., non risultando provata una soluzione alternativa che consentisse l’esecuzione dei lavori di rifacimento delle facciate laterali ed essendo, per di più, obbligatoria per tutti i condomini la deliberazione approvata dall’assemblea per la realizzazione dell’intervento di manutenzione.
L’ordinanza in commento, ai fini del periculum in mora, ha poi valutato il possibile pregiudizio che il Condominio avrebbe subito in caso di mancata prosecuzione dei lavori, in relazione all’eventuale perdita dei benefici fiscali del superbonus 110% e del bonus facciate ed alla risoluzione della pattuita cessione del credito in favore dell’appaltatore.
L’obbligo, gravante sul proprietario del fondo, di consentire l’accesso ed il passaggio nella sua proprietà, ex art. 843, integra gli estremi di una obligatio propter rem, che si risolve in una limitazione legale del diritto del titolare del fondo, funzionale al soddisfacimento di una utilità occasionale e transeunte del vicino e consistente nel dovere di consentire l’accesso o la momentanea occupazione degli spazi necessari al compimento delle operazioni di manutenzione e rifacimento dei muri perimetrali dell’edificio finitimo tutte le volte in cui l’impedimento dell’accesso stesso renderebbe impossibile il compimento delle necessarie riparazioni (Cass. n. 16776/2019; Cass. n.5012/2018).
La necessità prevista dall’art. 843 c.c. ha ad oggetto, non la necessità della costruzione, bensì quella dell’ingresso e del transito.
Inoltre, quanto alla irreparabilità del pregiudizio, che costituisce condizione necessaria per la concessione di un provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c., può rilevare (come nel caso analizzato) anche la violazione di diritti a contenuto e funzione esclusivamente patrimoniale, allorquando nel tempo necessario all’ordinaria azione di merito sia prevedibile uno scarto eccessivo tra danno subito e danno risarcito.
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